Commemorazione di Simoncelli a Senigallia

Commemorazione SimoncelliSenigallia, 30 Settembre 2010
A tutti gli organi di stampa. Loro sedi.

L’ UAAR di Senigallia commemora la morte di Girolamo Simoncelli fucilato per ordine del Papa Pio IX.

A 158 anni dalla morte del patriota Girolamo Simoncelli, avvenuta il 2 ottobre 1852, il Circolo UAAR di Senigallia, Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti, informa la cittadinanza, invitata tutta a condividere l’evento, che alle ore 16.00 di Sabato 2 Ottobre, verrà posta una corona di alloro presso il monumento di Via
Chiostergi -tra la scuola G.Pascoli e l’ex Politeama Rossini -per commemorare il concittadino Simoncelli, Comandante della Guardia Nazionale cittadina nella brevissima e intensa stagione della Repubblica Romana (1849), condannato a morte da Papa Pio IX e giustiziato tramite fucilazione da un plotone di svizzeri.

L’Uaar vuole esortare i cittadini di Senigallia alla riflessione sulle tristi e deplorevoli vicende che legano indissolubilmente i due importanti personaggi storici, a cui la città a dato i natali.

L’Uaar si pone come scopo statutario, la difesa e l’affermazione della laicità dello Stato, un principio costituzionale messo seriamente a rischio dall’ingerenza ecclesiastica, che non trova più alcun contenimento nella società italiana; auspica che i cittadini si soffermino sugli eventi che portarono alla condanna a morte di Simoncelli : il processo sommario, la certezza che aver sempre fatto il proprio dovere, ed aver rispettato le regole avrebbe imposto lo stesso comportamento anche agli avversari, e ancora fiducioso nella giustizia
sperò nella richiesta di grazia poi rifiutata da Pio IX.

Una lezione importante, che ci viene da un passato che non è poi così lontano.

Nello Stato Pontificio, del resto, tutte le condanne a morte si eseguivano con approvazione del Papa, sebbene la formula aulica reciti che i papi, quando venivano loro lette le sentenze di morte, non comandavano di eseguirle, ma semplicemente non davano ordini “in contrario al corso della giustizia ”.

Né valgono le odierne obiezioni secondo cui: “Ogni Papa va giudicato nel periodo in cui visse e in cui vive”, oppure che anche “ Altri Papi di età preconciliare agirono conformemente al Codice Penale di allora, condannando a morte altre persone ”, andrebbe ricordato loro, con un esempio neanche tanto lontano da quei fatti, che il Gran Ducato di Toscana abolì la pena di morte già nel 1786 e la stessa Repubblica Romana nel 1849.

Gli Atei ed Agnostici Razionalisti di Senigallia , convinti che queste vicende hanno una loro precisa collocazione storica, vogliono denunciare come un pericolo il ritorno nella nostra società di una componente religiosa militante ed estremista, che negando o sovvertendo i fatti del nostro passato cercano oggi di impossessarsi di tutte le conquiste civili e culturali della nostra società laica e democratica, proclamando alla loro appartenenza religiosa i meriti che invece vanno riconosciuti a chi, come Simoncelli, credette nei valori del dovere civico, e della giustizia e cercò di costruire uno stato dove non esistesse un potere assolutista ispirato ad ideologie religiose, bensì laico ed egualitario.

Per il Circolo Uaar di Senigallia
Roberto Giorgetti, Paul Manoni

Breve biografia di Girolamo Simoncelli:

Girolamo Simoncelli, di professione commerciante, aderì ventenne agli ideali liberali e patriottici e già nel
1845 era conosciuto alla polizia pontificia come rivoluzionario; tra gli entusiasti dell’elezione di Pio IX, fu
tenente della guardia civica nel 1848 e combatté a Vicenza, nel corso della prima guerra d’indipendenza,
con il grado di capitano. Tornato a Senigallia, venne designato vice presidente del circolo popolare e
rappresentò la città natale ai congressi dei circoli popolari a Forlì (13 dicembre 1848) e ad Ancona (7
gennaio 1849), dunque in quella fase agitata che si sviluppò tra la fuga del papa a Gaeta e l’avvento del
regime repubblicano e democratico. Interprete dei tempi nuovi, Simoncelli divenne un autentico leader sotto
la Repubblica Romana: il 12 marzo 1849 fu eletto consigliere comunale e il 26 seguente venne nominato
tenente colonnello e comandante della guardia nazionale locale, nomina che avvenne in seguito a
consultazione democratica fra i militi e registrò la sconfitta di Gaspare Francesconi, detto “Lasagna”,
autentico criminale e leader della corrente estremista e anarchicheggiante degli “ammazzarelli”.
Di fronte alla escalation di crimini e illegalità che funestava il senigalliese fin dai mesi precedenti l’avvento
della Repubblica, Simoncelli operò con tempismo, onestà e spirito legalitario, cercando di contenere eccessi
e vendette da parte dei facinorosi e adottando provvedimenti circostanziati: a tal fine, ordinò, il 9 maggio
1849, l’arresto cautelativo e il conseguente trasporto ad Ancona di cinque patrizi senigalliesi, tra cui due
parenti di Pio IX e due fratelli di monsignor Bedini (commissario straordinario a Bologna), per metterli al
sicuro dalla furia del popolo, indignato per la cattura di un rappresentante repubblicano da parte degli
austriaci, intervenuti militarmente (insieme a francesi, spagnoli e borbonici) per riportare il papa sul trono
temporale. Caduta la Repubblica il 4 luglio 1849 decise di non esulare convinto di avere la coscienza a posto
e, nell’agosto seguente, si consegnò al giudice papalino Pietro Battelli, definito sinistro dagli stessi storici
cattolici. Battelli montò contro Simoncelli un’istruttoria voluminosa, ma incerta, contraddittoria ed
esclusivamente indiziaria, benché conforme all’antiquato ordinamento giuridico pontificio; l’incarto venne
subito passato al tribunale della Sagra Consulta che, competente per i reati politici, non accolse le
numerosissime testimonianze in favore del patriota (tra cui quelle di ex protagonisti della vicenda
repubblicana, concittadini devoti al papa-re e di una stessa sorella del pontefice) e condannò quest’ultimo una
prima volta nel dicembre 1851 ed una seconda nel febbraio 1852 -alla pena di morte. Rinchiuso per tre
anni nella fortezza di Pesaro, ancora fiducioso nella giustizia del tempo e degli uomini, rifiutò di evadere
secondo un piano allestito dal fratello Raffaele e dalla fidanzata Carlotta Sasseti; ma la grazia richiesta a
Pio IX dalle sue stesse sorelle non arrivò, benché il pontefice avesse avuto 43 giorni di tempo per
esaminare il fascicolo processuale ed avesse deciso di graziare altri due imputati. Trasferito nella città
natale alla vigilia dell’esecuzione, Simoncelli venne fucilato, il 2 ottobre 1852, insieme ad altri 23 individui
da un plotone di svizzeri, mentre circa 500 austriaci presidiavano la città. Di tutti i protagonisti della
Repubblica Romana a Senigallia Simoncelli fu l’unico a subire una sorte del genere e ciò determinò un
acceso e mai spento risentimento nei confronti di Pio IX. Il clamoroso e sommario processo, e la bontà della
sua azione patriottica ne fecero ben presto una sorta di “martire laico”: i supplizi senigalliesi furono
ricordati, tra l’altro, da Victor Hugo in un famoso appello agli italiani pubblicato nel 1856 prima in francese
e poi in italiano -tradotto probabilmente da Giuseppe Mazzini -e la vicenda simoncelliana venne studiata
dai maggiori storici nazionali. Celebre il volume pubblicato dal deputato Repubblicano A. Bonopera nel
1912 dal titolo “Sinigaglia nel 1848-49 e il processo di Girolamo Simoncelli”. Altrettanto autorevole,
recente e chiarificatrice, la biografia del 2008 su Simoncelli del Prof. Marco Severini, dal titolo “Girolamo
Simoncelli. La storia e la memoria”, basata su documenti nuovi, venuti alla luce proprio grazie al paziente
lavoro di ricerca e di scavo negli archivi. Quello che ne risulta da questo lavoro biografico, è il ritratto di un
uomo certo, fondato, e non la immaginetta da esaltare o da condannare a seconda delle passioni ideologico
politiche o ideologico religiose. Un fatto dovrebbe lasciar pensare: la devozione di Simoncelli ai suoi doveri
istituzionali, unito dalla profonda sicurezza di aver sempre fatto il proprio dovere. Fu questo che gli impedì
di evadere dal carcere di Pesaro dove era ingiustamente stato rinchiuso, dopo essersi spontaneamente
presentato al giudice papalino Pietro Battelli. Il ritenere di aver sempre agito nel rispetto delle leggi, e quindi
fiducioso che i suoi accusatori, avrebbero agito nei suoi confronti con altrettanto rispetto.

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