Conferenza del prof. Carlo Alberto Defanti sul testamento biologico

Riportiamo qui il testo dell’introduzione da parte del nostro coordinatore Dante Svarca:

Un caloroso saluto a tutti e un sentito ringraziamento per aver scelto di partecipare a questa conferenza.

Sono il coordinatore del circolo degli atei e agnostici razionalisti della provincia di Ancona, cioè di persone con formazione e cultura laica che vorrebbero vedere lo Stato italiano diventare laico, come prevede la nostra Costituzione, nel rispetto di tutte le concezioni filosofiche della vita, senza privilegiarne alcuna a scapito delle altre.

Oggi parleremo del Testamento Biologico, ovvero delle direttive anticipate sul fine vita.

Il “fine vita” ha risvolti morali ed etici molto delicati, simili a quelli collegati all’aborto, cioè all’ “inizio vita”.

Ambedue sono un dramma per tutti cloro che ne sono coinvolti. Tutti sono concordi nell’auspicare che la piaga dell’aborto scompaia o sia limitata al massimo, come pure tutti vorrebbero fare a meno di dover interrompere le cure mediche a un congiunto allo stadio finale della propria esistenza.

Indubbiamente le due situazioni creano un problema molto delicato. Ma ci sono due modi diversi di affrontare il problema.

I laici ritengono che la donna debba essere libera di decidere se e quando avere una maternità e la legislazione sull’aborto, accompagnata da una certa educazione sessuale, ha fatto sì che il numero degli aborti sia diminuito e, soprattutto, sia drasticamente diminuito il numero delle donne morte a causa degli aborti clandestini. Da notare che, in Italia, le persone favorevoli alla legge sulla interruzione della gravidanza sono circa l’80% , quindi sono favorevoli non solo i laici ma anche la maggior parte dei cattolici.

Le gerarchie cattoliche ritengono, invece, che la gravidanza sia un dono di Dio e, come tale, non possa essere mai rifiutata e debba essere accettata a qualsiasi costo.

Sarebbe facile osservare come non risulti accertata alcuna partecipazione attiva di Dio nel processo del concepimento, né nel successivo allevamento dei figli. Ma non voglio polemizzare e quindi mi limito ad osservare che tutti coloro che ritengono l’arrivo di un figlio come dono di Dio, non sono obbligati a praticare l’aborto, anche se la legge concede tale possibilità. Ma costoro devono accettare che altri possano ritenere che la nascita di un figlio sia una libera ed esclusiva decisione della coppia.

La pratica quotidiana dimostra come l’insegnamento della chiesa in questo campo, ma non solo in questo, sia del tutto disatteso dalla stragrande maggioranza della gente.

Analogamente avviene per il fine vita.

Noi riteniamo che ogni persona abbia il diritto di disporre della propria vita come meglio crede, in piena libertà, e quando ritiene che le gravi e irreversibili condizioni in cui si trova, non gli consentono una vita degna di essere vissuta secondo il suo personale metro di valutazione, possa decidere di interromperla. E, se necessario, sia aiutato in questo pietoso compito.

Se qualcuno, invece, ritiene di non avere la disponibilità della propria vita, di non esserne padrone, faccia come vuole. Lasci che a decidere quali cure deve fare sia la chiesa, per conto di una entità trascendentale, la quale notoriamente non si esprime mai.

Il problema che oggi affrontiamo con il Prof. Carlo Alberto Defanti, neurologo che ha avuto in cura Eluana Englaro, è quello del Testamento Biologico, cioè di una disposizione scritta, data in vita, nel pieno delle facoltà mentali, da attuare se l’interessato dovesse trovarsi in una delle condizioni che egli reputa inaccettabili.

La legislazione attuale consente ad ogni persona di decidere se accettare o meno le cure mediche che gli vengono proposte, anche se l’eventuale rifiuto possa condurre a morte certa.

Ricordo il recente caso di cronaca di Maria Grazia Pavin, 41 anni, che ha rifiutato l’amputazione di una mano e di un piede, intervento necessario a salvarle la vita. Analoga situazione si è avuta nel 2004 con la signora Maria, di anni 62 che, ricoverata al San Paolo di Milano con una gamba in cancrena, non volle farsi amputare l’arto e, tornata in Sicilia dai parenti, morì due settimane dopo.

Il consenso libero e informato dei pazienti per qualsiasi trattamento sanitario è sancito dalla nostra Carta Costituzionale e anche dalla Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea.

L’art. 32 della Costituzione stabilisce che ognuno è libero di accettare o meno qualsiasi trattamento sanitario. Se una persona è in grado di ragionare, decidere e parlare può rifiutare un trattamento sanitario ed anche l’alimentazione forzata. Perché non può farlo dando disposizioni scritte col Testamento Biologico, nella eventualità che possa trovarsi in una situazione in cui non può più esprimere la sua volontà? Accettare o meno l’alimentazione forzata deve essere una decisione libera della persona, frutto della sua autodeterminazione.

Coloro che, in Parlamento, vogliono imporre agli altri come morire, in ossequio ai valori e ai voleri della chiesa, hanno inventato la distinzione tra cure mediche, rifiutabili, e alimentazione e idratazione forzata, non rifiutabili. Così da arrivare all’aberrazione di non lasciare che la natura, in casi tragici, faccia il suo corso ma si alimenti una persona morta in maniera che il suo corpo, privo della psiche, vegeti per decenni.

Non sembra una aberrazione? L’alimentazione forzata si potrebbe rifiutare da vivi ma non da morti!

Se avessero costretto il papa Wojtyla a subire l’alimentazione forzata, probabilmente il suo corpo sarebbe ancora vivo.

Se la legge venisse approvata alla Camera, così com’è ora, sarebbe incostituzionale, violando l’art. 32 della Costituzione. Di conseguenza, coloro che non volessero risolvere il problema con scorciatoie, dovranno rivolgersi alla magistratura.

Ma non si può demandare alla magistratura la decisione sul fine vita! Non si può ripetere in continuazione il calvario sofferto da Beppino Englaro!!

Anche se le decisioni della Magistratura sono ineccepibili. Nella sentenza che ha assolto Beppino Englaro infatti si legge:

· La salute di ogni persona non può essere oggetto d’imposizione;

· Il diritto alla autodeterminazione non può trovare un limite nella perdita della vita.

In Belgio, dal 2002, per alcune categorie di malattie, seguendo una determinata procedura, si può porre fine alla propria sofferenza mediante l’assistenza di un medico. In un minuto, senza dolore, si pone fine a quella condizione inaccettabile di malato terminale, lasciandolo andare con dignità.

E’ inaccettabile che alcuni italiani, per porre fine alle sofferenze della propria esistenza, ormai al termine, siano costretti a trasferirsi in Belgio.

In conclusione ricordo che abbiamo fatto banchetti per la raccolta di firme, alcuni anche con l’associazione Luca Concioni. Sono state raccolte circa 1.000 firme, già consegnate al Sindaco, con 12 Testamenti Biologici redatti e sottoscritti dagli interessati.

· Perché il Comune dovrebbe occuparsi di istituire un Registro dei Testamenti Biologici? Per fornire un servizio alla collettività, trattandosi di un’attività che non attribuisce un nuovo diritto, ma assicura che si possa godere effettivamente di diritti dei quali si è già titolari.

· Con l’istituzione del Registro sui Testamenti Biologici il Comune si sostituisce al Parlamento? No, perché il diritto al consenso informato è attribuito a ogni cittadino dall’art. 32 della Costituzione: “nessuno può essere obbligato a un trattamento sanitario se non per disposizioni di legge”. Tranne le vaccinazioni obbligatorie o i TSO nessuna imposizione può essere accettata.

· Da ultimo vorrei ricordare che: Il Testamento Biologico non è limitato a contenere il rifiuto di trattamenti sanitari che prolunghino la vita in maniera artificiale, ma può contenere anche la dichiarazione che l’interessato intende accettare tali trattamenti sanitari. Il T.B. riguarda, quindi, tutti i cittadini.

Termino con uno slogan: Liberi di vivere ma non condannati a vivere.
Dante Svarca

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